𝒅𝒊 𝑮𝒊𝒐𝒗𝒂𝒏𝒏𝒂 𝑴𝒆𝒈𝒏𝒂 –
Essere al Congresso dell’ANPI Provinciale Benevento è sentirsi a casa, seduti tra persone con cui hai condiviso piazze, eventi, momenti che affiorano piano nel lungo e inteso pomeriggio.
Se la pandemia ha esasperato povertà e disuguaglianze, la prevedibile conseguenza è che riemerga in superficie quel fiume carsico ma realmente prosciugato, ma gli episodi gravissimi anche recenti, ci investono in prima persona e ci chiamano ad assumere l’antifascismo come pratica quotidiana, in famiglia, nella relazione educativa, nelle associazioni e nei luoghi della politica.
L’assunzione di responsabilità politica deve partire da una reale attuazione dei valori costituzionali e della difesa della democrazia, ma se poi il 40% dei cittadini beneventani resta a casa non va a votare, se ancora il voto non è espressione libera ma frutto di clientele e soggezioni dettate dal bisogno, come possiamo affermare che la sovranità appartiene al popolo?
Dobbiamo chiederci anche in cosa abbiamo fallito se il partito che guarda con simpatia ai governi sovranisti è il primo partito tra gli operai, se non possiamo festeggiare l’anniversario della caduta del muro di Berlino perché troppi muri a noi vicini sono macchiati del sangue di chi ancora scappa da fare e guerra.
E neppure possiamo dirci soddisfatti se occorrono 75 anni per dare attuazione all’art. 37 della Costituzione e approvare una legge sulla parità salariale tra uomo e donna, per molti aspetti però limitata ad aziende con più di 50 dipendenti, col rischio di lasciare ancora indietro buona parte delle nostre realtà produttive.
Se questi tradimenti della carta costituzionale rischiano di depotenziare l’impegno che assumiamo, allora diventa urgente andarci a sedere su sedie più scomode, rinsaldare la rete che si è stretta negli anni intorno all’ANPI di Benevento ma anche uscire fuori dalla comfort zone per cercare di presidiare spazi troppo a lungo lasciati vuoti e senza risposte.
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(alcune foto sono state gentilmente concesse da Michele Petraroia)